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Tragedia del Ponte Morandi di Genova. Le indispensabili precisazioni del Prof. Enzo Siviero

 

22 Agosto 2018

 

 

 

 

bandiera europea a lutto

malta, tarxien-spirali

bandiera italiana a lutto

In via eccezionale, il Premio Europeo Capo Circeo si sofferma sul significato della tragedia italiana.

 

In ricordo delle persone perite nel tragico crollo del ponte “Morandi” di Genova.
In onore dell’ingegno degli uomini e del calcestruzzo romano e degli ulteriori  e più avanzati ritrovati del cemento Portland applicati nel mondo, dagli USA al Giappone. –  (D.C.)

 

 

Il terribile disastro che ha colpito l’Italia non deve fare dimenticare il disastro di proporzioni ancora più ciclopiche che si è abbattuto su questa terra, quello del Vajont.
Altresì dobbiamo ricordarci dei disastri di minori dimensioni e di tutte queste vittime.
Ripetuti presagi sempre non considerati e cinicamente sottovalutati e glissati dal potere politico italiano che da decenni versa in una condizione di totale deresponsabilizzazione e degenerazione, come le cronache e la storia più recente ampiamente illustrano.
Questa affermazione mira a colpire gli intricati e per di più spesso non conosciuti reticoli di connivenze e di responsabilità, posti in opera e consumati ai più diversi livelli del governo centrale e delle amministrazioni periferiche, delle autorità e della scala burocratica pubblica, degli studi delle aziende e degli uffici direttamente coinvolti nella progettazione e soprattutto nella realizzazione e nelle verifiche sulla idoneità e stabilità di siffatte opere di primario interesse pubblico e di importanza altrettanto primaria nell’ambito delle strutture con valenza strategica per l’economia, autonomia e la sicurezza del sistema Paese. Mira a colpire, laddove, ciò si è verificato, e nel guardarci attorno sembra che si sia verificato più e più volte, tante volte in ogni parte d’Italia, il grave e delittuoso abuso di abbassare la qualità dei prodotti utilizzati o di comprometterla con una diluizione eccessiva, un’alterazione del mix nel loro impiego.
Certo è che le sentenze si scrivono nelle aule di giustizia, Per cui dovremo attendere il lungo e doloroso corso, che sarà un calvario inenarrabile per i parenti e gli amici delle vittime e per tutte le persona direttamente coinvolte, che hanno visto la loro vita parzialmente e irremediabilmente cancellata.
Certo è pure vero che la storia delle sentenze, come quella del Vajont, dimostra che spesso la giustizia dei giudici non arriva fin dove potrebbe dovrebbe arrivare, per cui viene fuori se non una sentenza palesemente ingiusta, una sentenza non commisurata o inadeguata o platealmente o dichiaratamente lacunosa.

 

Un così grave disastro non potrà attendere i tempi lunghi della giustizia, che dovrà fare comunque il suo separato corso.
Esso impone, per l’insieme della tragicità degli eventi che hanno ripetutamente colpito gli italiani negli anni del nuovo secolo, compresio quello di bambini, donne, uomini e animali bruciati vivi dall’esplosione di un vagone ferroviario in transito in una città,
che il sistema politico italiano e l’apparato burocratico che ordina e organizza a livello decisionale, di metodologia d’impiego e a livello funzionale e operativo e di controllo
le strutture della comunicazione nazionale terrestre, navale e aerea in tutte le loro forme, e ogni altra opera di valenza strategica e le scuole e gli ospedali e ogni altro manufatto pubblico e non pubblico che coinvolge in qualsiasi modo la vita e il lavoro dei cittadini,
rispondano
di un aggravio di responsabilità e che il parlamento debba procedere con speditezza immediata e esemplare all’inasprimento delle pene fino ad oggi contemplate e
al ripristino, ad ogni livello della diretta responsabilità del controllo pubblico. Su questo, lo Stato non dovrà più delegare privati. Si dovrebbe ricorrere alla ripetizione del GIURAMENTO di  FEDELTA’ ALLA PATRIA, che negli anni che furono era stato proposto  inutilmente per i “super ispettori” delle finanze.
In casi di rilevante gravità quali quelli che abbiano sotto gli occhi, la sospensione automatica  dal pubblico impiego e dall’elettorato passivo, anche con la carica rappresentativa in corso, sono  misure che andrebbero  con urgenza assunte come strumenti di ordinaria preventiva e temporanea  pubblica autotutela nei confronti degli accusati, al fine di proteggere la così compromessa e gravemente offesa sicurezza pubblica e il così tanto aggredito e degradato bene materiale pubblico in tutte le loro forme e manifestazioni. In caso di responsabilità in via definitiva accertata, la durata dell’ espulsione non dovrebbe essere inferiore ai quindici anni.
Senza entrare nel merito di interpretazioni e di polemiche subiettive,
è dato incontestabilmente acquisito da anni a livello nazionale e internazionale
il cronico collasso in cui versa la cosa pubblica italiana, vittima di una corruttela ubiqua che discende direttamente dalla voluta NON attuazione di passI cruciali della Costituzione, sicché cittadini, sistema rappresentativo e Costituzione medesima sono rimasti strumenti impotenti nelle mani dei partiti, e non soltanto.
Il disastro italiano coinvolge in un modo o nell’altro anche gli altri popoli e governi europei, a iniziare dalla sorella Francia con cui in questi anni profondi solchi negativi sono stati tracciati dai governi che immeritatamente rappresentano il suo popolo. Governi che dietro la vernice e lo slogan della democrazia rinnovano avventurismo neo-neo-colonialistici sanguinari, impongono sfruttamenti trame e guerre,
aggrediscono il concreto rafforzamento dell’Unione Europea quasi a tutti i livelli, ad iniziare dall’unificazione effettiva della politica estera e della difesa, volendo imporre supremazie e duopoli inaccettabili nell’ambito della ricerca e della tecnologia avanzata e del vertice decisionale.
In Francia e in altri Paesi europei, per quanto l’inefficienza pubblica corra entro parametri molti doversi da quelli catastrofici dell’Italia, è non meno indispensabile che i principi di cautela e di prevenzione portino quanto prima a verificare l’efficienza e la sicurezza delle strutture strategiche, a iniziare dalle dighe dai ponti dalle centrali nucleari.
Manutenzione ordinaria e straordinaria
devono essere la concreta, attuata espressione di una valida prevenzione. Su ciò, gli Stati non possono e non devono più derogare. I gravi e foschi contesti internazionali e le sempre più aggressive risposte che l’ambiente, l’ecosistema impongono … tutto ciò è sotto gli occhi di tutti gli italiani e di tutti gli europei e mediterranei. Nessuna deroga dovrebbe più essere consentita. Le norme etiche e il sano civismo non sono quisquilic: costituiscono l’asse centrale dell’esistenza individuale e collettiva. Non si può e non deve deflettere.

 

Pubblichiamo qui due lettere di un illustre esperto a livello internazionale, il Prof. Enzo Siviero, progettista di ponti. Ciò prescinde assolutamente dal fatto che questo Professore possa assumere o abbia assunto una rappresentanza tecnica di parte nel contesto delle controversie giudiziarie e peritali che conseguono al crollo del ponte Morandi.
La limpidezza e la linearità del pensiero espresso dal Prof. Enzo Siviero, Ingegnere e Architetto h.c. nonché attuale Rettore di eCampus e Premio Europeo Capo Circeo, risulteranno a chiunque le leggerà.
Ciò a noi preme in quanto egli è l’ardito progettista di ponti dalla valenza geopolitica e economica mondiale, quali quello fra Sicilia e Tunisia, che sarà il più lungo del mondo, fra Puglia e Albania e Grecia , sul canale di Suez etc. atti a realizzare le connessioni intercontinentali di EUFRASIA e dare plasticità e dimensioni geografiche a questa futura unità di popoli e di terre che adegua allo sviluppo planetario odierno e futuro il limes dell’Impero romano. Ponto che realizzeranno una nuova e rivoluzionaria articolazione delle grandi vie intercontinentali di comunicazione terrestre nel contesto della marittimità diffusa di EUFRASIA e del nuovo volto che il Mediterraneo assumerà un questi scenari del futuro a medio termine, cioè entro questo nuovo secolo.
In questo contesto, non possiamo che compiacerci del fatto che finalmente la giunta regionale siciliana, per bocca del suo assessore ai trasporti abbia espresso il suo definitivo assenso alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina.
Ponte che il governo centrale e la Commissione Europea dovranno finalmente davvero realizzare per collegare direttamente penisola scandiva e cuore del Mediterraneo, Sicilia in prima battuta e costa africana in seconda battuta.
Con questi progetti, siamo di fronte a scenari che sconvolgono gli squilibri attuali
ulteriormente e accentuatamente cresciuti a dismisura per l’impulso ideologico, irrazionale,  esclusivista imposto dalla strategia globalista del capitale speculativo e degli strateghi della Casa Bianca,
i quali senza posa si accaniscono di già da anni contro ogni possibile passo di maggiore coesione intraeuropea nel contesto dell’odierna Unione Europea e del suo allargamento alla Russia, al cuore mediterraneo, all’area del limes transahariano, a quella del limes atlantico e artico, a quella del limes dell’Asia centrale.
Altro attore globale, player immerso in toto nel grande gioco della novella spiralizzazione degli armamenti convenzionali, informatici e ibridi e NBCR, e dell’espansionismo planetario è la Cina. La quale, dietro le esportazioni a 360°, ha chiarissimi gli obiettivi di dominio oceanico e aeroterrestre che vorrà esercitare in concorrenza con gli USA.
L’Europa non potrà rimanere soltanto il primo mercato e player commerciale del mondo. Senza una corazza, non varrà più della breve vita di una farfalla. Non si potrà che continuare nel futuro prossimo attuando l’Europa a più velocità, specie nella cultura, nella politica estera e di difesa, nell’armonizzazione delle normative fiscali e retributive.
Sarà schiacciata, senza remore e rimorsi. Di fonte a questo pericolo, gli “attori globali” di Francia e Regno Unito si mettano il cuore in pace. Non meno la Germania. Senza sinergia, l’atro pericolo dell’implosione non è scongiurato. E’ dietro la porta. Puro suicidio.

 

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Lettera al Corsera
Egregio dottore Conti mi occupo di ponti da una vita per averli insegnati (credo unico al mondo)   alla facoltà di architettura IUAV di Venezia negli ultimi 25 anni della mia carriera accademica. Ne ho anche realizzati alcune decine avendo cura di due aspetti spesso trascurati. La qualità architettonico paesaggistica e la durabilità nel tempo (su questi aspetti mi sono impegnato a fondo con numerosissime pubblicazioni ) . Proprio per questo sono anche regolarmente invitato ai più importanti congressi internazionali sul tema . L’ultimo in Quebec Canada 31/7- 3/9 SHORT AND MEDIUM SPAN BRIDGES (Ponti di piccola e media luce).
Per spirito di servizio e migliore informazione dei lettori del Corriere (che io stesso con piacere leggo da sempre…) aggiungo alle tante opinioni già espresse in queste ore anche alcune mie personali riflessioni “a caldo” (ampiamente incomplete perché non ho elementi probanti a supporto delle stesse…) . 
Io il Polcevera (così lo si chiamava tra gli addetti si lavori) non l’ho mai amato (ma sono tra i pochissimi che lo affermava pubblicamente anche perché Riccardo Morandi era una Icona nazionale e internazionale in tema di ponti… ma i suoi migliori sono quelli ad arco vedasi Catanzaro e Storms River in Sud Africa…) 
 
Si tratta di un ponte strallato in cemento armato e cemento armato precompresso , tra loro intelligentemente accoppiati . Una innovazione assoluta per l’epoca essendo i tiranti in cap anziché in acciaio come d’uso. Le due “stampelle” inclinate sottostanti riducono le luci in gioco migliorando decisamente il comportamento statico anche nel gioco “tiranti-puntoni” . Lo schema statico è ineccepibile! Non così purtroppo il comportamento dei materiali nel tempo! 
 
Ciò detto , osservo: 
 
  1. Era un “Fuori Scala” rispetto al contesto semiurbano . Troppo invasivo! 
 
  1. Nessuna reale previsione di manutenzioni straordinarie . A quel tempo non era considerato necessario…il tema durabilità è entrato nel dibattito scientifico a partire dagli anni ‘80 e io me ne sono occupato per una decina di anni pubblicando un libro (credo primo in Italia…) . Tuttavia in questo caso, causa difficile accesso da sotto dove c’è “di tutto”, ciò era comunque molto problematico quindi costosissimo 
 
  1. I tiranti in cemento armato precompresso erano un azzardo e nessuno , salvo Morandi, li ha mai più utilizzati . I soli altri due casi sempre di Morandi sono :
il Wadi Kuf in Libia che io ho visitato a fine  anni ‘70 (ristrutturato molto bene pochi anni fa dall’impresa Rizzani De Eccher) 
e Maracaibo che non mi risulta stia troppo bene in salute 
In effetti circa uno o due decenni fa , un paio di tiranti sono stati anche sostituiti con i più adeguati stralli in acciaio (e avrebbero fatto bene a sostituirli tutti…) 
 
  1. La fatica nei materiali è una “brutta bestia” e il traffico li era elevatissimo oltre che con un forte aumento dei carichi in transito quindi sollecitazioni ben più elevate. È quindi possibile  che si sia determinato nel tempo, un significativo decadimento della resistenza meccanica del calcestruzzo e dell’acciao, ulteriormente accelerato da fenomeni di aggressione dovuti all’ambiente marino. Ma anche se il monitoraggio di questo ponte era particolarmente accurato evidentemente non è stato sufficientemente approfondito. 
 
  1. La sua demolizione era prima o poi pressoché inevitabile ( ma difficilmente realizzabile a causa della sua collocazione semiurbana e con la ferrovia sottostante, ma ora sarà inevitabile…) Poi mi risulta che sia  anche vincolato dalla soprintendenza essendo considerato un vero e proprio monumento (e forse lo è… o almeno così era ritenuto dalla quasi totalità degli addetti…) 
 
  1. I  controlli e le manutenzioni negli ultimi decenni in Italia sono stati ampiamente sottovalutati (perché elettoralmente poco “redditizi” ) dando “colpevolmente”  ampia priorità a guard rail e barriere antirumore . Ciò lo sto affermando da decenni  pressoché inascoltato salvo un ripensamento più recente ma con esecrabile ritardo! 
 
Altre considerazioni potranno seguire…anche di carattere tecnico politico! Ma attendo qualche informazione più dettagliata. 
 
Enzo Siviero
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Ponte Morandi
 
Supplemento alla lettera aperta del 15 agosto 
Enzo Siviero
 
L’insieme delle interviste rilasciate da molti (talvolta improvvisati) “ tecnici “, mi ha indotto ad alcune precisazioni di carattere generale 
 
È “totalmente falso” che il calcestruzzo
abbia una vita di soli 50 anni! Lo si usa dalla fine ‘800 primi ‘900 (120-130 anni fa!) con
risultati molto spesso eccezionali. Vedasi tra i più eclatanti il ponte Risorgimento a Roma del 1910 (record del mondo per un paio di decenni con i suoi 100 metri di luce) o i meravigliosi ponti in Svizzera di Robert Maillart da molti considerato tra i più belli del ‘900 … senza contare le decine di ponti costruiti prima e dopo la guerra ‘15-‘18 (per fermarsi all’Italia ) dall’impresa Porcheddu licenziataria del famosissimo sistema Hennebique. All’epoca l’Italia era all’avanguardia con progettisti straordinari quali Arturo Danusso Eugenio Miozzi, Giulio Krall e molti altri ancora. Semmai è troppo spesso mancata la necessaria manutenzione a partire dalla protezione delle
superfici esterne troppo spesso lasciate “a vista” in ambienti sempre più aggressivi.
 
La domanda che viene spontanea è come mai i ponti dei primi decenni del ‘900 sono ancora in esercizio mentre quelli del dopoguerra sono così malandati? Orbene , oltre alla già citata mancanza di protezione delle superfici esterne per garantirne l’impermeabilità necessaria a non far ossidare le armature (leggasi ruggine), una delle cause va anche ascritta a stati tensionali eccessivi consentiti da una normativa moderna forse troppo permissiva! 

 

Agli albori del cemento armato vi era una prudenza dovuta a scarsa conoscenza e si utilizzavano criteri di “robustezza” poi non più considerati. 
 
Il concetto di vita di servizio delle costruzioni è entrato nelle normative (non solo in Italia) quando ormai il quadro “reale” era molto compromesso.
 
Ciò ha determinato finalmente la consapevolezza che per il calcestruzzo erano necessarie attenzioni ben più profonde. Grazie a Mario Collepardi , vero e proprio pioniere in questo campo, oggi il quadro conoscitivo è molto avanzato, ma ahimè, non sempre adeguatamente considerato nella pratica . 
 
Anche il tema di manutenzione è ormai significativamente considerato . In Italia il CNIM (Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione) presieduto da Aurelio Misiti ha svolto una azione estremamente utile anche producendo un apposito manuale già in uso presso alcune amministrazioni. 
 
Pur nella sintesi di una nota divulgativa , si può senz’altro affermare che il tema non è che manchi la conoscenza (anche se il suo avanzamento è necessario e continuo) ma la sua applicazione non sempre sistematica . 
 
Peraltro anche le tecniche di indagine , controllo e monitoraggio , pur essendo largamente utilizzate , necessitano ancora di significative implementazioni. In tal senso la ricerca è vieppiù necessaria.

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