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Il nuovo simbolo del Premio

05 Ottobre 2015
 Circe foto 3

 

 

 

 

La nuova impostazione grafica, realizzata dallo Studio Gian Luca Perez, presenta il nuovo simbolo del Premio.
Esso è la statuetta bronzea realizzata dallo scultore Alessandro Marrone, e da lui donata al PECC.
Incaricati di intrattenere i rapporti con lo sculture sono stati gli architetti Piero Rocchi e Mino Mini, componenti del Comitato Direttivo.
Il proficuo rapporto stabilito fra l’artista e i due diretti interlocutori riteniamo che abbia prodotto un  risultato davvero lusinghiero. L’opera d’arte può  interpretare e continuare in modo eccellente la storia del Premio.
Fanno seguito a questa premessa una sintetica presentazione dell’opera da parte di Domenico Cambareri e una non meno stringata sinossi del mito di Circe nella mitologia ellenica, con riferimenti alla tipizzazione bachofeniana di fine ‘800. In via separata, sarà pubblicata una breve analisi del mito di Circe alla luce dello sviluppo delle conoscenze archeologiche, storiche e scientifiche  avvenute nel corso degli ultimi decenni nel contesto euro-asiatico e mediterraneo; e quindi dello sviluppo di linee interpretative che pongono in luce tutta una serie di significativi quesiti circa l’ampiezza, lo spessore, la durata e il contenuto di fatti e personaggi  reali o immaginari, probabilmente preellenici e/o anellenici, ripresi in modo significativo dai topoi degli aedi e della letteratura mitologica ellenica. Che ebbero a reinterpretarli in modo assolutamente originale quanto anche presumibilmente diverso, creando degli stereotipi – più che degli archetipi – che hanno avuto una mai esaurita fortuna in tutta la storia della cultura occidentale in cui siamo nati e di cui essa ci ha nutriti. Storia della cultura, in cui, per l’appunto,  l’inesauribile ruolo della fantasia mitografica e delle arti plastiche e decorative ellenica si è sempre rinnovato, pure  nel corso degli ulteriori secoli (in quello che risulta essere un  ininterrotto e vero “svolgimento genetico” della mitologia ellenica), in ogni forma possibile. Ad iniziare da quanto ebbe a definire, con un’espressione d’insuperabile precisione, Aby Warburg: la rinascita del paganesimo antico. Mondo culturale antico e ellenico splendidamente esplorato da Erc R. Dodds in riferimento ai recessi del così detto paranormale, in cui, ancora una volta, le segrete linfe mostravano sia originalità che proficue possibilità comparative. –
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Circe, la maga vittoriosa del tempo
La statuetta in bronzo realizzata e donata dallo scultore aretino Alessandro Marrone all’Associazione Premio Europeo Capo Circeo quale nuovo simbolo del Premio stesso da consegnare alle personalità e alle istituzioni pubbliche e non pubbliche premiate raffigura il migrare di Circe dalla Colchide al promontorio (allora, ancora isola?) del Circeo, lungo le coste del Lazio meridionale.
E’ un migrare che avviene per mare, dunque con una navigazione in mare aperto, alturiera. E’ una navigazione che sublimizza, nella levità che l’artista le ha saputo infondere, il viaggio come sogno, come recupero del sogno, come recupero del risvolto storico disperso in strati quasi remoti della memoria, come fatto e topos – in apparenza ancestrale – divenuti stereotipi negativi nella passiva recezione culturale in cui siamo nati e finora vissuti, che andrebbe finalmente rivisitata e innovata. Con il ricorrere a più articolate e idonee coordinate storiche, grazie agli sviluppi delle tecnologie di cui l’archeologia e la storia si servono. E grazie anche agli ulteriori progressi avvenuti in tutti gli altri ambiti e specializzazioni del sapere afferenti alla ricerca storica.
Circe è rappresentata da Alessandro Marrone come involantesi sulle onde, con capigliatura, braccia e peplo divenuti tutt’uno con la vela, con lo sguardo a mirare lo zenith, verso Occidente, nell’incontenibile e mimetizzata energia che imprime al moto. Una splendida immagine che condensa il librarsi della figura di Circe sull’estremità della prora, a perfetto raccordo con l’ampia vela, nell’unisono e armonico aleggiare fra vento e mare. Acuta e ardita vela di mezzaluna fertile che replica nelle aperte e pur ascose cavità i segreti del rigoglioso futuro che plaghe e genti d’Occidente da lei attendono.                                                                                                                          
Vela prora e polena d’un mistico viaggio che coronò la rischiosa avventura d’una maga, mortale fra le immortali, che sfidò gli incerti marosi di Nettuno, per segnare i secoli futuri quali interminabili miglia percorse dai destrieri, dalle navi e dagli uomini. – Domenico Cambareri
 
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Circe, la maga incantatrice
La maga incantatrice, la fascinosa Circe, era una delle più celebri tra le Eliadi le figlie del dio Sole,   il <<padre sommo>> (summus sator).   Sua madre era la ninfa Perseis della stirpe regale della Colchide; Pasife che divenne la moglie di Minosse di Creta era sua sorella ed Eete, re fecondatore della Colchide e sposo di Ecate, era suo fratello. La figlia di Eete e Ecate, Medea,   moglie tradita di Giasone come è riportato da Euripide è, quindi, sua nipote. La Colchide era la parte più orientale del Ponto Eusino (oggi Mar Nero) punto di contatto fra i popoli asiatici (sarmati) e i greci retta – secondo Bachofen – da una ginecocrazia. Secondo lo Scoliaste di Apollonio Rodio[ “Argonautiche”, III 200] la Colchide aveva soltanto eroine per difenderla in quanto gli uomini avevano solo il ruolo di fecondatori; di queste eroine fan parte Ecate, figlia di Perseo e di una, volutamente impersonale “donna del luogo”, la ninfa Perseis, la potentissima maga Circe e Medea (mortale). La maga Circe era dunque, secondo il mito degli Argonauti, un’Amazzone espressione della vita indo-colchica basata sul principio femminile-tellurico di origine orientale che entra in contrasto con il principio orfico-apollineo rappresentato dagli eroi greci occidentali che, a bordo della nave Argo partono alla conquista del vello d’oro.
Siamo nel mondo del mito ovvero nel racconto sacro che narra il passaggio dall’oscura concezione tellurica della Grande madre Terra alla concezione olimpico-apollinea; dalla potenza basata sulla “forza” magica a quella basata sull'”essere” della natura?  – Mino Mini
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