Pax europea, Europa e Americhe e le due sponde dell’Atlantico: gli ‘interessi’ degli USA e la benvenuta esigenza di equilibri paritari con gli altri attori

27 Ottobre 2025

LE COSTE ATLANTICHE E GLI STATI UNITI, IL CANADA E L’EUROPA CON LA RUSSIA

L’avventata, cinica strategia della ‘lucidità razionale del raggiungimento dell’obiettivo per gradi’ dell’aggressione alla Russia da parte dei governi statunitense e britannico, con il passivo pendant della partecipazione dei satelliti europei, sta per compiere i venti anni, venendo a considerare come data ufficiale quella del 2007. Ovvero, la data in cui fu dato l’avvio alla campagna ufficiale mondiale della disinformazione sul fatto che l’Europa andava difesa dal ‘presente’ pericolo dei missili e delle testate nucleari iraniane. Escamotage reso credibile, come tutti i precedenti e recenti colossali inganni realizzati dalla macchina bellica e di produzione di radicale inquinamento informazione, con estrema facilità.

Escamotage sfruttato per realizzare in meno di dieci anni enormi basi radar e di guerra elettronica e attività coperte e di missili USA/NATO lungo il confine europeo con la Russia, in aperta a totale violazione del Trattato OSCE in Europa centrale, trattato che aveva generato il purtroppo breve periodo non solo di sicura pace attraverso un grande disarmo, quanto pure l’ ‘ancoraggio’ di Mosca con gli USA  e l’Europa, tanto da diventare partner della NATO, dell’Unione Europea e del G7, diventato appunto G8.

Senza doverci spingerci lontano nel tempo, basta qui richiamare gli ‘strati’ temporali a noi molto vicini, a partite dalla prima invasione dell’Iraq.

La triste, dolorosa considerazione umana, ancorché diplomatica, politica, economica, geopolitica che emerge è che, a quasi trentacinque anni dal primo attacco scatenato con una violentissima guerra lampo da Bush sen. all’Iraq, la capacità recettiva della psiche umana di recepire in modo uniformante e acritico le informazioni date dai governi e dagli apparati informativi, compresa gran parte degli organi di stampa che si proclamano indipendenti e liberi, risulta essere un passivo contenitore di cui non si conoscono i limiti.

Dell’uso di questo fondamentale fattore che utilizza e ispessisce l’inerte e passiva recezione coscienziale dei contenuti più importanti delle dinamiche ‘politiche’ e l’unita paralizzata abulia volitiva delle masse, quale strumento di ulteriore dominio mondiale, i governi degli Stati Uniti e del remissivo codazzo di molti governi europei e non solo gregari hanno fatto e continuano a farne un uso illimitato. E spietato.

Confezionata secondo i canoni dello sviluppo tecnologico dei media, la tecnica di manipolazione generalizzata della veridicità degli avvenimenti ha raggiunto nuovi apici quando perfino l’ambasciatore usano a Kiev è sceso in piazza con i suoi attaché per aizzare la massa di ucraini che protestava contro il presidente in carica e far attuare il ‘colpo di Stato’. Gli apparati politici ed economici ucraini, già infiltrati dalle operazioni coperte degli USA e del Regno Unito, sono diventati con velocità fulminea passivo strumento dei progetti del binomio aggressivo.

Oggi assistiamo al fallimento della strategia degli Stati Uniti, fallimento che mirava al veloce disfacimento, dissolvimento della Russia, già posta con simili manovre sotto attacco nel Caucaso, e finalizzata alla creazione di un insieme di staterelli da tenere in pugno e soprattutto alla realizzazione del diretto controllo delle coste e della navigazione nell’Oceano Artico. Fallimento di un radicale e totale progetto di trasformazione geopolitica teso a rendere gli USA l’incontrastata super potenza planetaria per tutto il nuovo secolo.

Del resto, nei rimanenti teatri della strategia di dominio, i ‘tink tank’  usani/suani e la ‘panoplia’ di cervelli di ammiragli e generali dediti alla creazione degli scenari strategici, bellici, geopolitici, hanno continuato, imperterriti, a utilizzare queste tecniche senza mai rinunciare alla politica delle cannoniere, laddove le cannoniere di oggi sono soprattutto costitute dalle azioni dei commando, di cui spesso non si saprà nulla negli organi di stampa, e dai fulmine interventi dei caccia intercettori e caccia bombardieri.

Le chiavi di volta di questo pluri-dominio sono rappresentate dalla ricognizione spaziale e dagli ‘ascolti’ elettronici e dal ‘mostrare bandiera’ da parte delle navi da guerra, sintesi insuperabile della modulazione – in base alle opzioni scelte e agli imput dati dalle decisioni politiche – dell’intervento e del grado di interdizione.

Sea denail e sea power sono l’esercizio attivo, ininterrotto, della ‘prevenzione’, della pressione, del contenimento e dell’interdizione di ogni attività diplomatica, politica, commerciale di un qualsiasi Paese che voglia esprimere linee non gradite alla Casa Bianca. Con la proiezione del potere navale delle sue flotte – insuperabile sintesi del ‘sea’, dell’’air and space’ e del ‘land’ power -, dunque, ancora oggi vediamo come le scelte strategiche del nuovo presidente in carica non collimino con le finalità politiche, con gli interessi commerciali e vitali, con i valori irrinunciabili dei Paesi europei e di molti altri Paesi nel mondo.

Trump è stato deciso ed è stato reiterato nell’esternare non meri pareri, non mere possibilità, quanto precise idee con le correlative intrinseche ed estrinseche volontà di perseguire obiettivi che sono in radicale, ‘oppositivo’ contrasto con la realtà storica e odierna e con la volontà di coesistenza di pace e di forte alleanza euro-statunitense, quanto con le non irrinunciabili premesse di conservare una per quanto sottile e minima ma non superabile linea di ‘auto-identià’ e di difesa da ogni azione che voglia provocare la sua totale sudditanza e la sua disintegrazione.

A cosa ci stiamo riferendo con estrema precisione? Alle sue chiarissime dichiarazioni sulla Groenlandia (e, per chi vuole intendere intenda, a quanto non detto sugli arcipelaghi di Paesi europei posti lungo l’Atlantico centro-settentrionale), sul Canada, e, nel contesto aggressivo mirante alla disintegrazione del Commonwealth guidato dal Regno Unito e allo stravolgimento dei futuri ‘equilibri’ dell’Indopacifico e delle rotte interoceaniche antartiche, all’Australia.

Di fronte a tutto ciò, di fronte a codeste cose che possono sembrare dettate da incosciente esaltazione o perfino da manifesta follia, non abbiamo assistito a palesi e forti, e forse neppure a tiepide, contestazioni all’interno degli USA da parte dei vertici militari in carica e a riposo, degli analisti e degli istituti di politica internazionale e di geopolitica, dei grandi centri della finanza e dell’economia usana. Tutto questo come deve essere letto, interpretato, compreso?

Dopo la guerra ucraina e le follie di Biden, i nuovi scenari planetari indicati da Trump non devono destare riflessioni e forse anche un tantino di preoccupazioni?

Ci rendiamo conto dell’inadeguatezza della conduzione politica dell’Union Europea e del Regno Unito e della Germania. La condizione italiana sembra essere quella di un mellifluo stampo. Nel contesto della guerra ‘russo-ucraina’, purtroppo, pure Francia e Spagna si fanno trascinare dalle fole di un ulteriore, diretto coinvolgimento contro la Russia, anziché prendere atto della scottante débâcle di Biden e di Boris Johnson.

 Perché cercare di prolungare una guerra nata da un torto marcio, oramai più che immotivata e ridicola quanto tragica nuova guerra civile europea? L’economia, i lavoratori, la cultura, i popoli europei soffrono di questa gigantesca assurdità e delle sue macroscopiche violente ricadute, iniziate con le prime sanzioni già nel 1994? Perché non fare ammenda, non promettere e garantire alla Russia di tornare al da noi tradito Trattato OSCE, sia pure parzialmente rivisitato in merito alla quantità e qualità di armamenti da dispiegare – un 30% in più rispetto al precedente e ottimale minimum? -. Recuperare la fiducia reciproca assicurando alla Russia la sua intangibilità, ripristinare il partenariato in sede UE, NATO, G8. Confermare di nuovo che il futuro orizzonte culturale, sociale, economico e politico dell’Unione europea significa inclusione ad Oriente e a Sud, e che questo implica che tanto l’Ucraina che la Russia, e non soltanto, sono i Paesi componenti ‘prossimi’ di questa pacifica federazione di popoli e di Stati? Una Federazione che, con la realizzazione delle connessioni intercontinentali mediterranee, con le nuove rotte artiche e del Mare del Nord, con il ridurre i disastri eco-etologici di dimensioni colossali del Lago d’Aral e di tutta l’Asia centrale potrà realizzare un futuro di feconda coesistenza e integrazione alle generazioni future, sottraendole alle derive degli sciovinismi e alle dipendenze e subalternità energetiche tecnologiche, commerciali, finanziarie verso attori esterni aggressivi?

In un siffatto quadro, le coste atlantiche dovrebbero recepire e conseguire effetti positivi enormi, che però impongono una premessa di necessaria cautela. E cioè: la sovranità europea e paneuropea energetica, tecnologica, finanziaria non potrà continuare ad essere una finzione. La collaborazione, l’amicizia e l’alleanza con il governo degli Stati Uniti richiedono che esso rinunci attraverso protocolli e trattati ufficiali ratificati da ambo le parti, e adempiuti e rispettati, al riconoscimento che Europa non significa ‘mercato usano’ e alla preservazione forzata (con ogni mezzo paleso e occulto) della ’intangibilità’ della sua supremazia tecnologica e della ‘intangibilità’ della sua supremazia finanziaria e industriale. Intangibilità è espressione di logica ad escludendum, di esercizio di imposizione e di totale inibizione a qualsiasi altro sovrano attore internazionale di realizzare ogni possibilità di sviluppo – autonomo e/o concorsuale – non subalterno -.

Si tratta di cose non da poco. Si tratta, da parte della Casa Binaca, di rinunciare all’esercizio arbitrario di ogni atto di forza, al fuori e contro il diritto internazionale, e al di fuori e contro i risultati delle votazioni dell’Assemblea Generale dell’ONU. Nell’ambito più specifico delle relazioni fra USA ed Europa, significa riconoscere che l’Europa – che vuole rimanere partner e alleato degli USA in un rapporto non impari -, in presenza di valutazioni e opzioni e scelte politiche specifiche non coincidenti con quelle di Washington, agirà in via autonoma. Linea di divergenza non conflittuale, autonoma, di non dipendenza dalle flotte della US Navy, nella protezione e difesa dei suoi traffici mercantili e delle vie di navigazione marittima ed oceanica e nella protezione di mari ed oceani, secondo il Trattato di Montego Bay, e dei vitali rifornimenti energetici.

In un siffatto quadro, in cui finalmente negli USA potrà uscire allo scoperto dalle aule di filosofia e di storia e di geopolitica comparata il concetto basilare di storicizzazione, la classe politica e le élite imprenditoriali usane potranno accedere a un livello crescita psicologica e di strutturazione della personalità abbastanza maturi, grazie alla recezione e comprensione della dinamica storica dei loro ultimi due secoli. E avviarsi a temperare le continue derive e impennate di hybris, di tracotante e super degenerata arroganza rispetto alla negativa età dell’imperialismo e del colonialismo. Senza dovere inventare fatui, ridicoli e ingannevoli percorsi woke. ‘Idiosincrasia egotica’ in cui il marchio e il retaggio calvinista e quello successivo e interagente e non meno potente della logica del profitto presente in parte del retaggio israelita e quelli del mero e cinico guadagno individualista al di fuori da riferimenti culturali specifici hanno portato a delle derive estreme delle originarie preoccupazioni e dei contenuti fideistici e teologici e morali, e della fattuale negazione di vivere in comunità civili e di popolo non escludenti.

Il diligente mettersi all’opera all’interno, negli USA, non potrà non portare a fare recepire la mera constatazione che gli Stati Uniti, anche senza considerare la superficie dell’Alaska, hanno almeno il doppio della superficie totale dei Paesi dell’Europa centro-occidentale, ma una popolazione che è la metà? Per cui, anche il problema demografico e degli apporti esterni va riconsiderato e affrontato, sconfiggendo l’‘idiosincrasia egotica’, pure esportando lavoro, cultura e tecnologia sia nei piccoli Paesi della miseria estrema del Golfo del Messico che in quelli latino-americani nel loro complesso.

In un tale quadro dai molteplici richiami, non possiamo infine che tornare alle sponde occidentali e orientali dell’Atlantico. Con i percorsi qui accennati, e con altri di non minore e – perché no? – di maggiore percorribilità e validità, il sistema di potere guerrafondaio degli USA potrà subire riforme interne molto proficue, perfino rivoluzionarie: il mondato ‘nuovo mondo’ degli USA.

Certo, ci vorrà tempo, e immenso e titanico lavoro culturale – antropologico, umanistico – ma meglio iniziare anziché no, e al tempo stesso meglio cominciare a ‘spuntarsi le unghie da soli’ già da adesso. Ecco che allora – almeno speriamo, con un minimo di realismo – che gli ‘interessi’ ubiqui, onnipresenti e tuttopossenti e tuttoescludenti degli USA in ogni contrada del mondo possano cominciare a stemperarsi. E che i politici usani comincino a vedere nelle contigue coste canadesi e messicane non porti in cui sbarcare le loro merci in un rapporto quali-quantitativo e in un rapporto di esazione di dazi del tutto impari. Attività marittime e commerciali di molteplici, solidali e amicali ‘circo Barnum’ e non continue ‘trampate’ in testa e traumi arrecati da un Bush o un Clinton o un Obama o un Biden o un Trump.

Per inciso: ricordiamo quello che quasi tutti non ricordano, rimuovono, negano: il sistema politico oligarchico statunitense è un sistema pseudo liberale quanto pseudo democratico, da sempre e con buona pace per l’esaltazione epocale di Alexis de Tocqueville e per la diffusissima odierna scriteriata idolatria.

L’oligarchia parlamentare però è solo parte della sostanza del modello politico, perché essa è esclusiva cassa di risonanza dell’oligarchia finanziaria e industriale da un lato e, dall’altro, non luogo di riequlibrio (se non raramente) ma di appagamento della realizzazione degli obiettivi che il presidente in carica si è preposto di raggiungere. Presidente dell’Unione e presidente esclusivo del potere esecutivo, essendo i suoi ‘ministri’ solo suoi attaché. Un potere cumulativo assolutamente non raffrontabile nelle istituzioni occidentali, a meno di non risalire alla potestà dell’assolutismo regio. Pure il potere detenuto dal premier britannico non ha possibilità di un confronto fra pari.

Traffici e relazioni equilibrate e non imposte con il ricatto, con la forza, con i condizionamenti dei blocchi e delle sanzioni e dalla supremazia dell’apparato bellico. Traffici marittimi e relazioni commerciali equilibrate pure con le coste, i porti delle Nazioni dell’Atlantico meridionale e in quelle orientali dell’Atlantico centro-settentrionale, quelle europee e mediterranee, di Eufrasia.

Solo con il soddisfacimento necessario di queste condizioni preliminari e di altre strettamente correlate potremo avviarci a realizzare svolte epocali.

Svolte che possano produrre ben augurati e pacifici periodi di lungo e dinamico sviluppo di logiche commerciali e di profitto non confliggenti, con la ratifica di trattati realmente condivisi, non tesi a soverchiare altri soggetti e a sconquassare la stabilità dei mercati e ad affermare che il petrolio di questo o quel Paese è mio. E ad imporre sempre nuove forme di ‘ritorno’ dei profitti in modo assolutamente inuguale. È ciò che riescono a imporre ancora alcuni soggetti internazionali, in particolare gli USA, con nuovi, ignobili meccanismi di royalties.

Non si tratta di appiattire, dunque, le dinamiche delle ricerche, degli investimenti delle produzioni, delle vendite e del migliorare le proprie posizioni e i propri profitti nei mercati, quanto di non eludere le regole, le pietre-limite, e non ricorrere con sprezzante scaltrezza all’utilizzazione di strumenti di pressione e di coercizione più o meno palesi o mimetizzati, Non bloccare lo sviluppo di Paesi che sono perfino in condizioni di netto o estremo svantaggio.

Atti di filantropia in loro favore, dopo averli denegati e schiacciati, sono soltanto esibizione tragicomica.

A tutto questo è per noi principio imperativo che debbano attenersi i governi europei e l’Unione Europea sin da subito, pure verso il popolo palestinese.

Rilanciare i commerci fra le due sponde dell’Atlantico con tali serie e sincere condizioni, può e potrà essere solo fonte di maggiore sviluppo per tutti. E di avvio della ricostruzione delle province dell’Europa orientale ancora extra UE, Ucraina e Russia, colpite da un così perdurante, cieco autolesionismo – e dalla guerra civile europea – praticato dalle cancellerie europee, tuttora e purtroppo al sevizio delle speculazioni finanziarie ed economiche dell’apparato egemonico statunitense. Quando qualcosa di nuovo sotto il cielo?

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